Responsabilità precontrattuale della pubblica amministrazione: il danno deve essere provato dalla ditta

Nel caso preso in esame ci si trova di fronte ad una responsabilità precontrattuale dell’amministrazione per avere taciuto alla società che, per effetto di talune difformità e irregolarità imputabili alla committente, il contratto poteva non essere registrato dalla Corte dei Conti

Responsabilità precontrattuale della pubblica amministrazione: il danno deve essere provato dalla ditta

In tema di appalti pubblici, il risarcimento del danno subito dall’aggiudicatario in conseguenza dell’accertata responsabilità precontrattuale della pubblica amministrazione appaltante, derivante dalla violazione degli obblighi su di essa ricadenti, alla luce di quanto previsto dal Codice Civile in materia di cause di invalidità dei contratti, è dovuto nei limiti dell’interesse negativo e, pertanto, subordinatamente alla prova da parte del danneggiato di un danno emergente o di un lucro cessante. Questo il punto fermo fissato dai giudici (sentenza numero 28404 del 5 novembre 2024 della Cassazione), chiamati a prendere in esame il contenzioso originato dall’azione con cui una società, in proprio e quale mandataria di un’associazione temporanea di imprese, ha convenuto in giudizio il Ministero per i Lavori pubblici per sentir dichiarare la risoluzione del contratto di appalto avente ad oggetto la costruzione di opere nel porto della laguna di Venezia e di viadotti sul naviglio del Brenta e per ottenere un corrispondente risarcimento dei danni. L’ipotesi di responsabilità che viene in rilievo nel caso specifico è una responsabilità precontrattuale dell’amministrazione, precisano i giudici, per avere taciuto alla società che, per effetto di talune difformità e irregolarità imputabili alla committente, il contratto ‒ come è avvenuto ‒ poteva non essere registrato dalla Corte dei Conti. In tal caso, il contraente ha diritto al danno risentito per avere confidato, senza sua colpa, nella validità del contratto. Ampliando l’orizzonte, poi, la violazione dell’obbligo di comportarsi secondo buonafede nello svolgimento delle trattative e nella formazione del contratto, come previsto dal Codice Civile, assume rilievo in caso non solo di rottura ingiustificata delle trattative e, quindi, di mancata conclusione del contratto o di conclusione di un contratto invalido o inefficace, ma anche di contratto validamente concluso quando, all’esito di un accertamento di fatto, alla parte sia imputabile l’omissione, nel corso delle trattative, di informazioni rilevanti le quali avrebbero altrimenti, con un giudizio probabilistico, indotto ad una diversa conformazione del contratto stesso. In tal caso, quindi, è dovuto l’integrale risarcimento del danno sofferto dal contraente ignaro, che può venire in rilievo sia sotto il profilo del danno emergente (consistente nelle spese sopportate nel corso delle trattative), sia sotto il profilo del lucro cessante (perdite sofferte dal contraente per la mancata conclusione di altre trattative dalle quali è stato distolto). La pubblica amministrazione risponde pertanto del ragionevole affidamento che abbia fatto il contraente nella validità del contratto, posto che, in termini generali, il Codice Civile punta a tutelare nella fase precontrattuale il contraente di buonafede ingannato o fuorviato dalla ignoranza della causa di invalidità del contratto che gli è stata sottaciuta e che non era nei suoi poteri conoscere. D’altro canto, la pubblica amministrazione può andare esente dalla responsabilità che deriva dal non avere reso edotta la controparte della causa di invalidità del negozio se quest’ultima è determinata dalla violazione di una norma imperativa o proibitiva di legge che, per presunzione assoluta, debba essere conosciuta dalla generalità dei cittadini ma sempre a condizione che le circostanze di fatto cui la legge ricollega l’invalidità fossero conosciute o conoscibili dal soggetto mediamente avveduto. Ciò posto, in caso di responsabilità precontrattuale, il risarcimento è limitato all’interesse negativo, e comprende le spese inutilmente sostenute in previsione della conclusione del contratto nonché le perdite sofferte per non aver usufruito di ulteriori occasioni. La responsabilità precontrattuale non può essere utilizzata per chiedere il risarcimento dei danni che si sarebbero evitati o dei vantaggi che si sarebbero conseguiti con la stipulazione ed esecuzione del contratto, non essendo, viceversa, risarcibile il pregiudizio corrispondente al cosiddetto interesse positivo, consistente nelle utilità che si sarebbero ricavate ove il contratto fosse stato validamente concluso ed eseguito. Pertanto, sarà compensabile la perdita di chance per le occasioni di guadagno alternative cui il privato avrebbe potuto attingere in assenza del contegno dannoso dell’amministrazione, così come le spese sostenute, pur se si tende, tuttavia, a differenziare il parametro risarcitorio a seconda delle diverse ipotesi di responsabilità precontrattuale normativamente individuate. Secondo principio consolidato, poi, le spese generali, mentre non costituiscono perdite o causa di danni nel periodo in cui le opere sono eseguite, essendo computate nel prezzo pagato all’appaltatore, sono invece dovute a quest’ultimo a titolo risarcitorio ove il committente con il proprio comportamento ne abbia determinato un aggravio, essendo inerenti all’azienda e allo stesso impianto del cantiere, il che avviene segnatamente in caso di illegittima sospensione di lavori, di modo che il relativo rimborso costituisce componente ineluttabile del risarcimento del danno patito dall’appaltatore in conseguenza dell’allungamento dei tempi di lavorazione. Il principio è riferito ai casi in cui un contratto è stato validamente stipulato, un cantiere è stato aperto, e i lavori iniziati poiché le spese generali, comprensive sia delle spese di cantiere che di quelle aziendali, costituiscono un onere che l’impresa è chiamata a sostenere per effetto della sua stessa attività e sono inerenti allo stesso impianto del cantiere. Il punto, tuttavia, precisano i giudici, non è la astratta plausibilità che l’impresa vincitrice di un appalto possa sostenere spese anche senza avviare il cantiere. Il punto è se dette spese, nell’ambito della responsabilità precontrattuale, vadano provate specificamente, e la risposta non può che esser affermativa, poiché la specifica normativa si riferisce solo a spese generali proprie di un cantiere in attività e quindi la presunzione della sussistenza di dette spese non si applica al caso – come quello in esame – in cui il contratto è stipulato ma non è efficace, ed è stato redatto il verbale di consegna. Ma, su questo punto, non vi è prova che un cantiere sia stato aperto, né prova che siano state sostenute spese diverse da quelle connesse alla apertura di un cantiere. Tirando le somme, i giudici fissano un ulteriore principio, secondo cui, in tema di responsabilità precontrattuale, qualora il soggetto aggiudicatario di un appalto pubblico abbia confidato senza sua colpa nella efficacia del contratto appalto, può riconoscersi il risarcimento del danno nel caso in cui avvenga la consegna anticipata dei lavori nei limiti dell’interesse negativo e pertanto subordinatamente alla prova di un danno emergente o di un lucro cessante, e le spese generali di cantiere non possono presumersi per il solo fatto che sia stato redatto un verbale di consegna, ma occorra la prova che sia stato effettivamente aperto il cantiere e avviati i lavori.

news più recenti

Mostra di più...