Inidoneità della cosa venduta: va fatto riferimento all’uso previsto da contratto

Non sussiste mancanza di qualità promesse o essenziali quando, precisano i giudici, il difetto lamentato deriva da caratteristiche proprie e naturali del materiale scelto dall’acquirente

Inidoneità della cosa venduta: va fatto riferimento all’uso previsto da contratto

Non è configurabile l’inidoneità della cosa venduta all’uso cui è destinata, allorché tale inidoneità non si riferisce alla cosa così come, nella sua essenza (intrinseca), ha formato oggetto del contratto, ma ad un elemento ad essa estraneo (estrinseco). Questo il principio fissato dai giudici (ordinanza numero 28116 del 31 ottobre 2024 della Cassazione), principio applicato, nella vicenda presa in esame, osservando che la persistenza della colorazione nera del materiale (destinato alla realizzazione del rivestimento di una fontana) non risultava esplicitamente pattuita nella fornitura (e garantita dal fornitore). Ciò esclude, precisano i giudici, l’integrazione di un vizio redibitorio, che riguarda le imperfezioni e i difetti inerenti al processo di produzione, fabbricazione, formazione e conservazione della cosa. Né è dato rinvenire un’ipotesi di mancanza di qualità promesse o essenziali, inerente alla natura della merce e concernente tutti gli elementi essenziali e sostanziali che influiscono, nell’ambito di un medesimo genere, sull’appartenenza ad una specie piuttosto che ad un’altra. Per maggiore chiarezza, poi, i giudici aggiungono che non sussiste mancanza di qualità promesse o essenziali quando il difetto lamentato deriva da caratteristiche proprie e naturali del materiale scelto dall’acquirente, non specificamente garantite dal venditore in sede contrattuale.

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