Rimborso per l’esborso anticipato dal condòmino solo se dimostra l’urgenza dell’intervento effettuato

Rimborso negato, invece, se la spesa di conservazione è stata precedentemente ordinata dal giudice

Rimborso per l’esborso anticipato dal condòmino solo se dimostra l’urgenza dell’intervento effettuato

Il condòmino che, in mancanza di autorizzazione dell’amministratore o dell’assemblea, abbia anticipato alcune spese per la conservazione della cosa comune ha diritto al rimborso, a patto, però, che ne dimostri l’urgenza, ossia che le opere, per evitare un possibile nocumento allo stesso condòmino, a terzi od alla cosa comune, dovevano essere eseguite senza ritardo e senza possibilità di avvertire tempestivamente l’amministratore o gli altri condòmini.
Questi i principi fissati dai giudici (ordinanza numero 16351 del 17 giugno 2025 della Cassazione), i quali, chiamati a prendere in esame il contenzioso sorto in uno stabile in quel di Catania, hanno negato il rimborso al condòmino, poiché la spesa di conservazione era stata precedentemente ordinata dal giudice, con provvedimento d’urgenza, soggetto ad attuazione.
In generale,
il rimborso delle spese di gestione delle parti comuni sostenute dal partecipante va subordinato non alla mera trascuranza o tolleranza degli altri partecipanti, quanto al diverso e più stringente presupposto dell’urgenza, intendendo la legge trattare nel condominio con maggior rigore la possibilità che il singolo possa interferire nell’amministrazione dei beni in comproprietà. Ne discende che, istaurandosi il condominio sul fondamento della relazione di accessorietà tra i beni comuni e le proprietà individuali, la spesa autonomamente sostenuta da un condòmino è rimborsabile soltanto nel caso in cui abbia i requisiti dell’urgenza.
Tale requisito dell’urgenza condiziona il diritto al rimborso del condòmino, il quale deve darne prova, e si spiega non soltanto come dimostrazione che le spese anticipate dal singolo fossero indispensabili per evitare un possibile nocumento a sé, a terzi od alla cosa comune, ma altresì che le opere dovessero essere eseguite senza ritardo e senza possibilità di avvertire tempestivamente l’amministratore o gli altri condòmini.
Nulla è invece dovuto in caso di mera trascuranza degli altri comproprietari, non trovando applicazione le norme in materia di comunione.
Difatti, se l’assemblea, a fronte dell’urgenza dell’intervento conservativo delle cose comuni, non vi provvede o non raggiunge la necessaria maggioranza, o se la deliberazione adottata non viene eseguita, il rimedio è dato dal ricorso all’autorità giudiziaria, e non dall’iniziativa individuale di uno o più condòmini che assumano la gestione delle parti condominiali degradate.
Nella vicenda presa in esame si è appurato che la spesa non era urgente, nel senso che i singoli condòmini non avevano necessità di assumere in proprio la gestione delle parti comuni, accollandosi le spese di ripristino della copertura e del sistema di smaltimento delle acque ammalorati, salvo poi pretenderne il rimborso pro quota da parte degli altri comproprietari, perché già esisteva un provvedimento d’urgenza dell’autorità giudiziaria che ordinava gli interventi di ripristino, provvedimento suscettibile di produrre il medesimo risultato pratico (cioè, il ripristino delle parti comuni deteriorate), perseguito dai condòmini mediante l’inutile iniziativa gestoria.

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