Nessuna formula sacramentale per la richiesta di condanna ultramassimale dell’assicuratore

Sufficiente, precisano i giudici, la mera domanda di condanna al pagamento degli interessi

Nessuna formula sacramentale per la richiesta di condanna ultramassimale dell’assicuratore

In tema di assicurazione obbligatoria della responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore, la domanda del danneggiato alla condanna ultramassimale dell’assicuratore non esige formule sacramentali, essendo sufficiente la domanda di condanna al pagamento degli interessi. Questo il punto fermo fissato dai giudici (ordinanza numero 29791 del 19 novembre 2024 della Cassazione), i quali, chiamati a prendere in esame l’istanza risarcitoria avanzata da una persona rimasta vittima d’un sinistro stradale causato da un veicolo non identificato, aggiungono che, sempre in tema di assicurazione obbligatoria della responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore, il massimale segna il limite dell’obbligazione dell’assicuratore solo rispetto al capitale e non alla mora, sicché, in caso di ritardo nel pagamento della propria obbligazione, l’assicuratore, essendo un debitore come tutti gli altri, è tenuto al pagamento degli interessi compensativi, senza limiti di sorta, se ritarda il pagamento della propria obbligazione. Altrimenti, diversamente opinando, in tutti i casi in cui il danno eguagli o superi il massimale, un assicuratore potrebbe ritardare l’adempimento, anche per anni, senza andare incontro agli effetti della mora. Ampliando l’orizzonte, i giudici precisano che la mora debendi dell’assicuratore della ‘responsabilità civile auto’ nei confronti del terzo danneggiato è spesso designata nella prassi forense e giudiziaria mala gestio impropria, ma deve essere ben chiaro che questa espressione è puramente convenzionale e, essa sì, impropria. Infatti, una cattiva gestione degli interessi altrui è concepibile unicamente nel rapporto tra assicurato ed assicuratore. Solo nell’ambito di questo rapporto è ipotizzabile una condotta colposa consistente nella malaccorta gestione degli interessi altrui. Per questa ragione nel rapporto tra assicurato ed assicuratore mora e mala gestio sono concetti non coincidenti: la mora è l’effetto dell’inadempimento d’una obbligazione di dare; la mala gestio è invece l’inadempimento di una obbligazione di fare (la cura degli interessi dell’assicurato). L’assicuratore che incorra nella mala gestio degli interessi dell’assicurato potrà essere tenuto al pagamento di somme eccedenti il massimale non solo a titolo di interessi, ma anche a titolo di capitale (l’esempio di scuola è quello dell’assicuratore che, rifiutando per colpa una vantaggiosa proposta transattiva avanzata dal danneggiato e contenuta nei limiti del massimale, finisca per lasciare l’assicurato, all’esito del giudizio, esposto alla pretesa del danneggiato per l’eccedenza del credito risarcitorie rispetto al limite del massimale). Nel rapporto tra assicuratore della ‘R.C.A.’ e danneggiato (e lo stesso ovviamente dicasi quanto al rapporto tra danneggiato ed impresa designata), per contro, l’assicuratore assume la veste di debitore, non di mandatario o gestore di affari. In relazione a questo rapporto giuridico non è quindi concepibile nessuna distinzione tra mora e mala gestio. Anzi, non è nemmeno concepibile una mala gestio. Se l’assicuratore della ‘R.C.A.’ non rispetta il termine di legge per adempiere la propria obbligazione, si dirà che è un debitore in mora, come si direbbe di qualsiasi altro debitore, e non certo che ha malamente gestito gli interessi della vittima. Pertanto, la mora dell’assicuratore nell’ambito di tale rapporto non produrrà altre conseguenze che l’obbligo di pagamento di somme eccedenti il massimale a titolo di interessi o maggior danno. Di conseguenza, il terzo danneggiato che intenda ottenere la condanna dell’assicuratore al pagamento del danno da mora non ha da formulare altra domanda che quella di pagamento degli interessi. Per quanto concerne il contenuto dell’obbligazione dell’assicuratore, se quest’ultimo è in mora, è irrilevante che la sua condanna al pagamento degli interessi superi il massimale. Infatti quando l’assicuratore della ‘R.C.A.’ sia tenuto al risarcimento d’un danno che in conto capitale ecceda il massimale, e non adempia nei termini di legge, non può più pretendere che le conseguenze della sua mora restino contenute nel limite del massimale. Quel limite concerne una garanzia per fatto altrui, e cioè il risarcimento del danno causato dall’assicurato. Ma se l’assicuratore della ‘R.C.A.’ debba versare alla vittima l’intero massimale e non lo faccia nei termini di legge, tale ritardo sarà imputabile a lui, non al fatto dell’assicurato. Pertanto, in virtù del principio di autoresponsabilità (per effetto del quale ciascuno deve sopportare le conseguenze giuridiche delle proprie azioni od omissioni), l’assicuratore in mora nel pagamento dell’intero massimale sarà tenuto a sopportare gli effetti della mora stessa senza limiti di sorta. In questo caso le conseguenze della mora scaturiscono dall’inadempimento dell’assicuratore, e non dall’illecito dell’assicurato.

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